La scoperta
Incaricati di effettuare delle ricerche sedimentologiche per conto della Tamoil, il 10 maggio del 1999 i geologi marini Massimo Sarti e Michele Claps dell’Università di Ancona riconoscono sulla superficie di Cava Pontrelli migliaia di impronte.
Gli esiti di tale scoperta vengono trasferiti a Umberto Nicosia, paleontologo all’Università La Sapienza di Roma, ed esperto in icnologia. A seguito di un sopralluogo scientifico in Cava, Nicosia riconosce nelle impronte di Cava Pontrelli le orme di dinosauro e istituisce, nel 1999 insieme ad altri ricercatori, una nuova icnospecie chiamata Apulosauripus federicianus.
I numeri
Si tratta del “più importante giacimento italiano se non europeo, sia dal punto di vista paleobiogrografico che da quello direttamente icnologico” afferma Nicosia che osserva un numero di impronte variabile tra le 25 e le 35 mila, da collocare intorno agli 85 mln di anni fa, probabilmente attribuibili a dinosauri erbivori, afferenti a più specie, di media-piccola grandezza.
Il progetto di recupero
L’eccezionalità della scoperta ha condotto, negli anni, al completamento dell’esproprio della Cava e alla predisposizione di un progetto di protezione e conservazione delle impronte di dinosauro e della paleosuperficie finanziato con fondi del Mibact, disposti ai sensi dell’articolo 1, commi 9 e 10 della Legge n.190/2014
Il progetto di ripulitura della paleosuperficie, documentazione e analisi della superficie a impronte e messa in sicurezza dei fronti di cava è in corso di realizzazione da parte di un’Associazione Temporanea di Impresa che vede lavorare insieme: COBAR, il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, CoopCulture, ENSU (Environmental Surveys) e Tesoro srl.
Leggi qui la Relazione Tecnico- Illustrativa completa del progetto
La scoperta
Incaricati di effettuare delle ricerche sedimentologiche per conto della Tamoil, il 10 maggio del 1999 i geologi marini Massimo Sarti e Michele Claps dell’Università di Ancona riconoscono sulla superficie di Cava Pontrelli migliaia di impronte.
Gli esiti di tale scoperta vengono trasferiti a Umberto Nicosia, paleontologo all’Università La Sapienza di Roma, ed esperto in icnologia. A seguito di un sopralluogo scientifico in Cava, Nicosia riconosce nelle impronte di Cava Pontrelli le orme di dinosauro e istituisce, nel 1999 insieme ad altri ricercatori, una nuova icnospecie chiamata Apulosauripus federicianus.
I numeri
Si tratta del “più importante giacimento italiano se non europeo, sia dal punto di vista paleobiogrografico che da quello direttamente icnologico” afferma Nicosia che osserva un numero di impronte variabile tra le 25 e le 35 mila, da collocare intorno agli 85 mln di anni fa, probabilmente attribuibili a dinosauri erbivori, afferenti a più specie, di media-piccola grandezza.
Il progetto di recupero
L’eccezionalità della scoperta ha condotto, negli anni, al completamento dell’esproprio della Cava e alla predisposizione di un progetto di protezione e conservazione delle impronte di dinosauro e della paleosuperficie finanziato con fondi del Mibact, disposti ai sensi dell’articolo 1, commi 9 e 10 della Legge n.190/2014
Il progetto di ripulitura della paleosuperficie, documentazione e analisi della superficie a impronte e messa in sicurezza dei fronti di cava è in corso di realizzazione da parte di un’Associazione Temporanea di Impresa che vede lavorare insieme: COBAR, il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, CoopCulture, ENSU (Environmental Surveys) e Tesoro srl.
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